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UN PAZIENTE CON DEMENZA? PER LA CURA BISOGNA PARTIRE DALLA SUA STORIA E DALLA SUA SENSIBILITÀ

giovedì 21 luglio 2022

di Silvia Giralucci

Lavarsi, vestirsi, mangiare, dormire, socializzare, cucinare: non sono solo attività indispensabili, sono anche quelle che danno a ciascuno di noi autonomia. La difficoltà che le persone con demenza incontrano man mano che la malattia progredisce è un aggravio per i familiari e i caregiver ma anche una perdita di autonomia, dignità e identità per i pazienti. C’è però un approccio terapeutico che fa della residua capacità di condurre queste attività una forma di riabilitazione: la terapia occupazionale.

Nell’incontro «Siamo quello che facciamo. L’approccio occupazionale alla demenza», la Direttrice generale della Fondazione Zoé - Zambon Open Education Mariapaola Biasi ne ha parlato con Cinzia Negri Chinaglia e Bianca Maria Petrucci, la prima specialista in Geriatria e Gerontologia, già direttrice dell’Unità di riabilitazione Alzheimer al Pio Albergo Trivulzio di Milano, la seconda terapista occupazionale, docente di Terapia occupazionale all’Università Statale di Milano.

«Per le demenze - spiega Cinzia Negri Chinaglia- è molto importante la prevenzione dai fattori di rischio come diabete, ipercolesterolemia, fumo di sigaretta, obesità, attività fisica o anche fattori come l’isolamento sociale e la solitudine che sono anticamera della depressione, a sua volta fattore di rischio. Secondo uno studio pubblicato sulla rivista scientifica Lancet se si facessero interventi funzionali sui fattori di rischio si potrebbe prevenire ed evitare almeno il 45% delle demenze».

Molto importante nell’assistenza di una persona con demenza è la capacità del caregiver di riconoscere anche i bisogni non espressi esplicitamente: «Nella maggior parte dei casi - prosegue la professoressa Chinaglia - le persone con demenze sono anziani, con circa 3 - 4 malattie, per lo più croniche, concomitanti. Questo impatta negativamente anche sulla demenza perché ogni scompenso dello stato di salute fisica si ripercuote negativamente sulle condizioni cognitive. È importante conoscere bene il malato per riuscire a riconoscere ogni cambiamento, soprattutto se repentino (ad esempio: sete, necessità di andare in bagno, dolore…). Una volta intercettato il cambiamento, bisogna cercare capire se nasconde un bisogno da soddisfare o problemi più importanti. Con la demenza viene meno la capacità adattiva del malato che diventa progressivamente sempre più fragile, per cui bisogna cercare di mantenere routinarietà, una costanza negli atti e nell’organizzazione della giornata per fare in modo che questi cambiamenti impattino il meno possibile sullo stato di salute globale».

La professoressa Bianca Maria Petrucci ha dato anche alcune indicazioni pratiche su come aiutare un paziente con demenza a mantenere le abilità residue: «Una persona con demenza è sempre meno attiva anche perché non sa più utilizzare gli oggetti, non ricorda le sequenze delle azioni e non riconosce più l’ambiente in cui queste azioni devono essere svolte. Il terapista occupazionale deve analizzare e osservare la persona, capire che cosa è in grado di fare e istruire il caregiver ad aiutare il paziente nelle fasi in cui ha necessità, ma senza sostituirsi a lui. Mangiare, per esempio: se è troppo difficile mangiare con le posate, si può lasciare che il paziente mangi con le mani, come i bambini. Il caregiver va preparato ad accettare queste modalità nuove, purché siano funzionali».

«Un grosso problema per la famiglia - prosegue Petrucci - è l’igiene, soprattutto nelle fasi terminali. Le persone oggi anziane, sono spesso cresciute con tabù evidenti, non erano abituate a mostrarsi nude: se le si mette nude per lavarle, si rischia che aggrediscano l’assistente. Dobbiamo trovare modi che permettono di gestire e rendere l’attività più piacevole. Per esempio, coprire la persona e scoprire solo la parte che viene lavata, usando una spugna sempre calda. Modifichiamo l’ambiente, modifichiamo gli oggetti che ci servono per rendere attività più gradevole possibile».

Ogni intervento non farmacologico per la demenza va quindi adattato a quel particolare ammalato, a quella particolare fase e rispetto a quello specifico comportamento e per farlo è necessario conoscere il paziente, le sue abitudini, le sue preferenze e le peculiarità di come è stato al mondo e di come sta al mondo.

 

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