di Francesco Seganfreddo
Ginevra. Influenza aviaria, morbillo, Mpox, Ebola: sono solo alcune delle numerose minacce sanitarie che il mondo si trova ad affrontare oggi. Le pandemie non conoscono confini e richiedono risposte coordinate su scala globale. È in quest’ottica che, il 20 maggio 2025, gli Stati membri dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) hanno compiuto un passo storico, adottando il primo Accordo Pandemico Globale. Un’intesa pensata per rafforzare la cooperazione internazionale e migliorare la preparazione in vista di future emergenze sanitarie.
Cosa prevede l’Accordo
L’Accordo Pandemico non è un trattato vincolante in senso stretto, ma fornisce un quadro di riferimento condiviso per rafforzare la preparazione e la risposta alle pandemie. È concepito in modo simile ad altri accordi multilaterali come il Protocollo di Montreal o l’Accordo di Parigi sul clima: definisce obiettivi comuni e propone strumenti per raggiungerli, lasciando agli Stati la responsabilità dell’attuazione concreta.
L’OMS non ottiene quindi nuovi poteri coercitivi: il suo ruolo rimane consultivo e scientifico. I Paesi firmatari cioè mantengono piena sovranità sulle scelte di politica sanitaria, ma si impegnano a coordinarsi meglio, condividere dati e risorse, e adottare strategie comuni per ridurre i rischi globali.
Un punto chiave è il tentativo di correggere le disuguaglianze emerse durante la pandemia da COVID-19, in particolare nell’accesso a vaccini, cure e strumenti diagnostici. L’Accordo mira a rendere più equa e rapida la distribuzione delle risorse sanitarie in caso di nuove emergenze.
Teodoro Herbosa, Segretario del Dipartimento della Salute delle Filippine e Presidente della World Health Assembly di quest’anno che approvato l’Accordo, ha dichiarato:
“Now that the Agreement has been brought to life, we must all act with the same urgency to implement its critical elements, including systems to ensure equitable access to life-saving pandemic-related health products. As COVID was a once-in-a-lifetime emergency, the WHO Pandemic Agreement offers a once-in-a-lifetime opportunity to build on lessons learned from that crisis and ensure people worldwide are better protected if a future pandemic emerges.”
“Ora che l'Accordo ha preso vita, dobbiamo tutti agire con la stessa urgenza per implementare i suoi elementi critici, compresi i sistemi per garantire un accesso equo ai prodotti sanitari salvavita legati alle pandemie". Poiché quella da COVID è stata un'emergenza irripetibile, l'Accordo OMS sulle pandemie offre un'irripetibile opportunità per fare tesoro degli insegnamenti tratti da quella crisi e garantire che le persone in tutto il mondo siano maggiormente protette in caso di una futura pandemia."
Uno degli elementi centrali dell’Accordo è l’introduzione del principio di One Health, che riconosce l’interdipendenza tra salute umana, animale e ambientale (Cfr. Articolo 5 dell’Accordo). È un approccio ritenuto sempre più necessario per affrontare efficacemente le emergenze sanitarie, in particolare quelle legate alle zoonosi — le malattie trasmesse dagli animali all’uomo — come il COVID-19. Il principio promuove una pianificazione sanitaria più integrata, che coinvolga esperti di salute pubblica, veterinaria e ambientale.
Chi ha firmato l’Accordo
Dopo un lungo percorso negoziale, l’Accordo pandemico è stato approvato con il voto favorevole di 124 Paesi membri dell’Organizzazione mondiale della sanità. Undici Paesi si sono astenuti, tra cui l’Italia, insieme a Bulgaria, Egitto, Iran, Israele, Giamaica, Paesi Bassi, Polonia, Russia e Slovacchia.
Tra le assenze più significative c’è quella degli Stati Uniti, che nel gennaio 2025 hanno ufficializzato l’uscita dall’OMS. Storicamente tra i principali promotori e finanziatori dell’organizzazione, gli Stati Uniti non hanno partecipato né alla firma né alla promozione del nuovo Accordo.
Le principali critiche sollevate dai Paesi che non hanno aderito riguardano il timore che l’Accordo possa limitare la sovranità nazionale in ambito sanitario. Alcune interpretazioni, circolate soprattutto in ambito politico e sui social media, sostengono che il testo implicherebbe la possibilità per l’organizzazione di imporre misure sanitarie vincolanti e l’introduzione di una tassa a favore dell’OMS. Nessuna di queste interpretazioni è però confermata dal contenuto effettivo del documento.
L’OMS non acquisisce nuovi poteri vincolanti: resta un organismo tecnico e consultivo. Non può obbligare gli Stati ad adottare vaccinazioni, misure di contenimento o altre politiche sanitarie, ma fornisce raccomandazioni basate sulle migliori evidenze scientifiche disponibili. La responsabilità finale delle decisioni resta in capo ai singoli governi.
Per chiarire la natura dell’Accordo e contrastare la disinformazione diffusa, l’OMS ha diffuso una serie di materiali informativi, tra cui un video del proprio responsabile legale, Steven Solomon, che risponde alle principali domande raccolte online sui limiti giuridici del documento.
Come si è arrivati all’Accordo
Il processo che ha portato all’Accordo pandemico è iniziato nel dicembre 2021, quando i Paesi membri dell’OMS hanno istituito un organismo negoziale intergovernativo, l’Intergovernmental Negotiating Body (INB). Il suo compito è stato quello di raccogliere proposte e definire una bozza condivisa, e raccogliere le richieste avanzate durante ogni revisione del testo da parte dei rappresentanti dei Paesi membri.
L’INB ha condotto consultazioni con esperti, autorità sanitarie nazionali e rappresentanti della società civile, anche attraverso due consultazioni pubbliche a livello globale. Il confronto si è articolato in tredici cicli formali di negoziati e in numerose trattative informali.
Il percorso è durato tre anni e ha richiesto un delicato lavoro diplomatico per superare le divergenze tra Paesi con priorità e risorse molto diverse. Le tensioni maggiori hanno riguardato i temi dell’equità nell’accesso a vaccini, trattamenti e tecnologie sanitarie: questioni emerse con forza durante la pandemia da SARS-CoV-2 e ancora centrali nel dibattito globale.
I prossimi passi
L’adozione dell’Accordo segna un momento significativo per la governance sanitaria globale, ma rappresenta solo un punto di partenza. Il documento approvato non entrerà immediatamente in vigore: manca ancora un elemento chiave, l’allegato dedicato al sistema di accesso e condivisione dei benefici legati ai patogeni (Pathogen Access and Benefit Sharing system – PABS).
Il PABS prevede un registro centralizzato dei microrganismi ad alto rischio pandemico e regole per la distribuzione equa dei prodotti sanitari, come vaccini, test e trattamenti. Si tratta di un sistema ancora in fase di definizione e sarà oggetto di un nuovo ciclo di negoziati da parte di un gruppo di lavoro intergovernativo. L'obiettivo è completare i lavori entro l’Assemblea Mondiale della Sanità del 2026.
Solo dopo l’adozione del PABS, l’Accordo potrà essere formalmente aperto alla firma e successivamente adottato dai singoli parlamenti nazionali. Diventerà effettivo dopo la ratifica da parte di almeno 60 Paesi.
Oltre al PABS, l’Accordo prevede la creazione di nuovi strumenti operativi, tra cui: un nuovo meccanismo finanziario per rafforzare la preparazione e la risposta pandemica e una Rete globale per la logistica e le catene di approvvigionamento sanitarie, pensata per garantire un accesso rapido ed equo ai beni essenziali in caso di emergenza. Anche questi elementi richiederanno ulteriori fasi di definizione e negoziazione, per trovare un equilibrio tra le esigenze dei vari Paesi.
Perché è importante
La pandemia da COVID-19 ha messo in evidenza quanto il mondo globalizzato sia vulnerabile di fronte a minacce sanitarie improvvise. L’Accordo dell’OMS nasce proprio per cercare di colmare le principali lacune emerse: la lentezza nella condivisione dei dati, le forti disuguaglianze nell’accesso ai vaccini e la mancanza di coordinamento tra le risposte nazionali.
Anche se la sua attuazione concreta dipenderà dalla volontà politica dei singoli governi, il documento rappresenta una svolta, sia simbolica che operativa. È il riconoscimento che la salute pubblica globale richiede strumenti condivisi, approcci interdisciplinari e un nuovo equilibrio tra sicurezza sanitaria ed equità internazionale.
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