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L’INCERTEZZA E LA CRISI DI SENSO AL TEMPO DEL COVID-19. NE PARLA MICHELA MARZANO

giovedì 10 dicembre 2020

di Silvia Giralucci

Come vivere quando non è più possibile programmare nulla?

La filosofa Michela Marzano intervistata nel corso degli incontri “Gli Orizzonti della Salute” da Mariapaola Biasi, Direttore della Fondazione Zoé – Zambon Open Education, ha affrontato il tema dell’irruzione dell’incertezza nelle nostre vite nei mesi del Covid.

“Tutti – ha detto – siamo convinti di poter, salvo cose minime, organizzare l’agenda con mesi di anticipo. Ma ora? Come si può costruire un proprio piano di vita quando la base stessa del piano di vita che è la programmazione viene meno? Questa incertezza della temporalità ci coglie tutti impreparati perché siamo cresciuti con l’idea di poter avere un certo controllo almeno sulla nostra agenda. Ora ci rendiamo conto che tutto questo non è più possibile”. “Gli psicoterapeuti – prosegue – stanno segnalando che uno dei problemi collaterali a questa pandemia è una crisi di senso che porta a forme di ansietà e di depressione perché le persone si sentono non più in possesso di un pezzo importante della loro vita. È un’impossibilità di proiettarsi nel futuro che riguarda tutti e un grande dramma che riguarda soprattutto i giovani che si trovano completamente spiazzati perché nel momento in cui cominciano a riprogrammare le proprie attività c’è una nuova ondata e devono bloccarsi. Questa cosa ha un impatto psicologico forte e drammatico”.

Ad andare in crisi con le norme per la prevenzione del Covid-19 sono anche i nostri concetti di vicinanza e lontananza. Entrambi. “Ci eravamo abituati – afferma Marzano – a considerare possibili relazioni anche strette con persone che vivevano lontane perché si poteva prendere un aereo e andare. Improvvisamente non si può più e ci troviamo a chiederci come faremmo a gestire – per esempio – una situazione di emergenza essendo lontani. Un problema che prima non ci eravamo posti”.

“Ma anche la vicinanza – prosegue Marzano – è diventata critica: mascherine, distanza di sicurezza. Chi di noi, arrivato a casa, continua a indossare la mascherina? Chi non abbraccia i figli? Abbiamo un nuovo problema: come gestire la vicinanza/lontananza con chi è altro o estraneo rispetto a noi. Già tutti abbiamo innata la tendenza ad allontanarci da chi o da ciò che non si conosce, cioè ad aver paura e a percepire l’alterità come pericolosa. Secondo Freud è normale aver paura perché nel momento in ci confrontiamo, l’alterità altrui ci rinvia all’alterità che abbiamo all’interno di noi stessi e che facciamo fatica ad accettare. Tutto questo però ora viene ingigantito e accentuato dalla paura del contagio, e amplia ancora di più questa paura. C’è un gioco di rimbalzo che fa sì che la distanza oltre che fisica diventi davvero sociale. Ma come facciamo a immaginare il futuro con relazioni che sono strette? Come si fa a coltivare la compassione se il patire con qualcuno rischia di diventare un boomerang?”.

 

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