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POLIDORO: IL VADEMECUM PER RICONOSCERE A PRIMA VISTA I CIARLATANI SCIENTIFICI

lunedì 6 giugno 2022

Intervista sul nuovo libro «Pensa come unə scienziatə. Come coltivare l’arte del dubbio»

di Silvia Giralucci

Massimo Polidoro è un divulgatore d’eccellenza: giornalista, scrittore, cofondatore e segretario nazionale del CICAP (Comitato Italiano per il controllo delle affermazioni sulle pseudoscienze) ed “esploratore dell’insolito”. È stato docente di Metodo scientifico e Psicologia dell'insolito all'Università di Milano-Bicocca e ora insegna Comunicazione della scienza ai dottorandi dell'Università di Padova.

Il suo nuovo libro «Pensa come unə scienziatə. Come coltivare l’arte del dubbio», edito da Piemme, si distingue subito tra i libri in commercio perché adotta nel titolo l’uso dello schwa (ə), il carattere proposto per superare l’uso del maschile nei plurali di genere diverso. «Un modo - spiega l’autore a Mariapaola Biasi, Segretario Generale della Fondazione Zoé che lo ha intervistato nel webinar «Vivere sani. Vivere bene» - per evitare il predominio maschile e favorire l’inclusività e la scelta di questa vocale è data dal fatto che ha un suono medio, non identificabile come maschile o femminile.»

Il libro è diviso in due parti. La prima è un breviario di che cos’è il metodo scientifico, mentre la seconda mostra come l’applicazione di una mentalità scientifica nella vita quotidiana debba fare continuamente i conti con una serie di tranelli cognitivi (detti anche bias cognitivi) che tendono sempre a farci scegliere la soluzione più comoda, meno faticosa, che meglio si adagia alle nostre convinzioni preesistenti. Il lettore è invitato a riflettere sugli indizi e a non farsi trarre in inganno da quelli fuorvianti.

«La nostra - rileva Polidoro - dovrebbe essere l’epoca della scienza, ma in realtà lo è solo per le applicazioni delle scoperte scientifiche che trasformano la vita di ogni giorno, per quello che riguarda la tecnologia. Tuttavia, produrre oggetti o sviluppare tecnologie non è scienza, è il modo in cui le scoperte scientifiche vengono impiegate dall’industria. La scienza, invece, è uno strumento per acquisire conoscenza, per capire i principi che guidano l’Universo. È un modo di pensare». È un metodo, inventato ormai quattro secoli fa, che ci ha aiutato e ci aiuta moltissimo a conoscere il mondo che ci circonda e a trovare risposte concrete ai problemi che ci troviamo ad affrontare.

Fondamentale per il metodo scientifico è coltivare il dubbio, la capacità tipica dell’homo sapiens di essere creativo sulla base della curiosità, ciò che nei secoli ci ha consentito di aumentare le conoscenze in maniera esponenziale. Di fronte a un nuovo fenomeno, ci si fa tante domande, si fanno ipotesi, ed è alla fine il consenso scientifico (cioè tanti ricercatori che fanno gli stessi esperimenti e ne ottengono le stesse risposte) che ci aiuta a trovare la soluzione del problema. Coltivare il dubbio vuol dire non pensare di avere già la risposta in tasca, farsi domande, ed essere pronti a smentire anche quello che si è scoperto, perché magari le nostre risposte non sono complete.

La distinzione fondamentale è nel metodo. «Ci sono tanti modi - spiega Polidoro - per conoscere il mondo…Gli antichi immaginavano che a governare il mondo fossero gli déi, poi nel ‘600 è arrivato un altro modo di conoscere il mondo: il metodo scientifico. Ed è questo strumento che ci ha aiutati a trovare molte risposte e che ci permette di trasformare quello che scopriamo in qualcosa di utile per tutti.» Nel metodo scientifico ci sono punti di riferimento utili in diverse discipline: si parte dall’osservazione, si fanno delle ipotesi che devono essere dimostrate attraverso verifica, si procede con l’esperimento. Se l’esperimento conferma l’ipotesi significa che siamo sulla strada buona. Non è però sufficiente un singolo ricercatore, laboratorio, istituto che fa una scoperta. Nella comunità scientifica è necessario che ci sia un accordo, che più gruppi indipendenti l’uno dall’altro, facendo lo stesso tipo di esperimento, ottengano lo stesso tipo di risultato. L’oggettività che si ottiene in questo modo è quanto di più forte possiamo ottenere: pur consapevoli che la nostra visione potrebbe essere comunque molto limitata.

Bisogna inoltre tener presente che lo scienziato non è infallibile, è un essere umano, può sbagliarsi, avere problemi di egocentrismo, sono solo i fatti quelli che contano, non chi li espone. «Questo - prosegue Polidoro - ci fa anche pensare a come dobbiamo prendere sempre con cautela le affermazioni fatte anche da scienziati quando o travalicano le loro esperienze (quindi parlano di argomenti di cui non sono competenti, quindi le loro opinioni hanno il valore di quelle di chiunque l’altro) oppure parlano non sulla base di esperimenti ma di idee astratte, l’ipse dixit non conta nulla nella scienza».

E con il web e le bufale che si fa? Polidoro fornisce un vademecum per riconoscere a prima vista i ciarlatani scientifici, coloro che fingono di essere scienziati per propagandare opinioni, idee che non hanno niente di scientifico:

- amano la teoria del complotto e si definiscono perseguitati dal sistema, da chi ha interessi economici forti, affermando di aver trovato una soluzione molto semplice per un problema che però viene ostracizzata dalla comunità scientifica

- non pubblicano, non condividono le loro scoperte con la comunità scientifica, ma si rivolgono alla televisione, al web, ai giornali popolari

- usano terminologia scientifica a sproposito

- ritengono di aver scoperto la verità insinuando che chi non crede a loro è un pecorone.

Per il futuro, un invito importante: «A scuola si dedica tempo alla scienza ma molto poco tempo al metodo scientifico, la logica, gli strumenti di ragionamento che indipendentemente dalle nozioni sono strumenti che ci si porta dietro per tutta la vita. La Svezia ha investito moltissimo nello sviluppo nei ragazzi di una capacità critica, diventerà molto più difficile ingannarli perché certe trappole mentali sono riconoscibili più facilmente», chiosa Polidoro.

Photos by Chokniti Khongchum and by Dominika Roseclay on Pexels.