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L'INTESTINO? COLLEGATO ANCHE A MALATTIE NEUROLOGICHE E PSICHIATRICHE

martedì 4 luglio 2023

Il dottor Paolo Pallini racconta le frontiere della ricerca sul microbioma.

di Silvia Giralucci

 

Non solo l’intestino è il nostro «secondo cervello» ma dalla cura del microbioma potrebbero arrivare terapie per resistenza batterica, obesità, diabete, colite, neoplasie, aritmie cardiache e ipertensione.

Ne ha parlato in un incontro presso la Fondazione Zoé - Zambon Open Education il dottor Paolo Pallini, direttore dell'Unità operativa di Gastroenterologia dell'ospedale San Bortolo di Vicenza e docente presso la Scuola di specializzazione di malattie dell'apparato digerente dell’Università di Verona.

Tutto è iniziato nel 1998 con la pubblicazione della teoria dei due cervelli, elaborata dal professor Micheal D. Gershon della Columbia University, che ha messo in rilievo come nell’intestino siano presenti oltre cento milioni di neuroni, che regolano stress, ansia e tensione e che per questo può essere considerato come un secondo cervello.

«Una cosa - spiega Pallini - che in qualche modo abbiamo sperimentato un po’ tutti: quando uno spavento ci fa venire mal di pancia, quando ci viene la nausea al solo pensiero di incontrare una persona antipatica o quando sentiamo le farfalle allo stomaco se ci innamoriamo. La difficoltà nell’accettare che il nostro intestino possa avere un ruolo diverso da quello di cloaca e molto più vicino a quello che tradizionalmente assegniamo al cervello o al cuore, è culturale, ma i recenti studi scientifici vanno tutti in questa direzione».

Un passaggio importante di questi studi sull’ intestino sono le scoperte dello studioso italiano Vittorio Espamer riguardo all’azione di sostanze prodotte dall'intestino a livello del sistema nervoso centrale. Espamer che, per la prima volta negli anni ‘30 del secolo scorso, ha isolato la serotonina nell’intestino di una rana. La serotonina è un neurotrasmettitore che mostra una relazione diretta con i livelli dell'umore e con altre funzioni dell’organismo. «Espamer - spiega Pallini - ha dimostrato che il 90% del quantitativo di serotonina presente nel nostro organismo viene sintetizzata nell’intestino. La scoperta che sostanze prodotte dall’intestino agiscano a livello del sistema nervoso centrale e lo influenzano è una scoperta sconvolgente».

«Il nostro tratto gastroenterico - prosegue il docente - oltre alle funzioni di digestione, assorbimento e eliminazione delle scorie, ne ha altre molto importanti. Per esempio, svolge attività immunitaria, o anche un’importantissima funzione di barriera, perché è la superficie più grande che abbiamo a contatto con il mondo esterno. L’intestino è importantissimo per proteggerci dalle infezioni come anche per elaborare le allergie».

Ciascuno di noi ha un proprio microbioma del tratto enterico, costituito prevalentemente da batteri, oltre a lieviti, parassiti e virus. «Il microbioma - spiega Pallini - inizia a formarsi nel canale del parto quando il bambino deglutisce materiale e secrezioni della madre e con questi ingerisce i primi batteri e i primi microrganismi che poi popoleranno il suo intestino. Non è stabile, ma cambia nel corso della vita. Ed è collegato a molte malattie che nulla hanno a che fare né coi batteri e né con l'intestino: malattie psichiatriche, malattie neurologiche, degenerative».

Le malattie che attualmente hanno mostrato un legame con il microbioma sono varie. Il morbo di Parkinson, ad esempio, dove c'è una riduzione dei batteri che sono produttori di acidi grassi a catena corta, che generalmente proteggono la barriera intestinale: si ipotizza che una barriera intestinale non più così efficace lasci passare sostanze che poi danneggiano il cervello.

«Si parla - prosegue Pallini - di un legame anche con le malattie cardiache non solo lo scompenso, ma anche le aritmie. Alcune aritmie hanno un pattern microbiologico che è stato riprodotto in più pazienti e quindi sembra che da lì possa scatenare alcune situazioni cardiologiche»

Ma ci sono anche le malattie metaboliche: «È stato quasi dimostrato - dice Pallini - che l’obesità dipenda da un'alterazione del microbioma intestinale. Non sappiamo ancora come correggere questa alterazione, però i ricercatori stanno lavorando su questo e lo stesso vale per il diabete, per cui sicuramente nel prossimo futuro altri dati verranno raccolti. Chissà che questi dati possano essere più performanti e permettano poi di trovare delle soluzioni differenti dall'insulina, per esempio».

Documentato al momento è un intervento efficace su un tipo di infezione molto complessa, con un tasso di mortalità al 40%, l’infezione da Clostridium difficile. «È un'infezione - spiega Pallini - che interessa prevalentemente persone anziane ospedalizzate in terapia antibiotica e qui la gestione del microbioma ha risolto il problema. Si esegue, in questi soggetti, un trapianto di feci da donatori sani e si ottiene una risposta estremamente importante in termini sia di riduzione delle recidive dell'infezione sia di risoluzione dell'infezione stessa»

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